Andrea La Rovere

Ci sono storie bellissime ma sconosciute, fino a quando qualcuno non le racconta

Hans Heyer e Markus Winkelhock: l’occasione unica

Hans Heyer e Markus Winkelhock: l’occasione unica

Hans Heyer e Markus Winkelhock, due storie lontanissime ma unite da un filo rosso; due piloti di Formula Uno, entrambi tedeschi, che hanno avuto una sola occasione. Tutti e due – in modo diverso e alternativo – l’hanno sfruttata per entrare nella storia.

Hockenheim, 31 luglio 1977

L’ultimo giorno di luglio del 1977 è domenica, una giornata calda perfino a Hockenheim, in Germania Ovest. Sul veloce circuito tedesco sta per partire la gara di Formula Uno.
Dopo il terribile incidente di Niki Lauda dell’anno prima, il circus ha detto addio all’inferno verde del Nurburgring, in favore del più moderno e gestibile impiato di Hockenheim.

Le vetture sono già schierate sul rettilineo principale; come al solito la tensione è palpabile e nella confusione di meccanici, operatori televisivi e giornalisti che si affrettano a sgomberare la pista per riparare nel paddock, nessuno nota che una gialla vettura staziona all’uscita dei box, circondata e seminascosta da meccanici e grid girls.

È la Penske gestita dall’ATS di Hans Heyer.

L’ATS è un’azienda tedesca che produce cerchi in lega e Gunter Schmidt, il titolare, ha una passione talmente forte per le corse da rilevare tutto il materiale dismesso della Penske. La casa americana, dopo un buon 1976 in cui ha anche ottenuto una vittoria con John Watson in Austria, ha deciso di dire basta e sbaraccare tutto. Schmidt ricompra monoposto, gomme, attrezzature e tutto quanto e si schiera al via del Campionato del ’77; tanta buona volontà, passione e un signor pilota, Jean Pierre Jarier, a cui affiancare occasionalmente una seconda vettura.

Hans Heyer ha 34 anni e la fama di burlone un po’ smargiasso, che se ne va sempre in giro per i box con un bizzarro cappello da alpino e con gli occhi fissi sulle tante ragazze che allora fanno da sfondo alle gare. Non ama troppo le regole, Hans Heyer. Ha iniziato a correre a soli 16 anni nella vicina Olanda, visto che a quell’età in Germania non era permesso; viene da un’umile famiglia di lavoratori e lui stesso ha iniziato come meccanico.

La sua è una dignitosa carriera nelle gare di turismo, importanti ma minori rispetto al giro che conta; il suo sogno è correre almeno una volta in Formula Uno.

Non ha esperienza con tutta quella potenza, il buon Hans, e l’ATS non è esattamente un fulmine di guerra. Jarier, che è un mastino ed è soprannominato Godasse de plombe, scarpa di piombo, vola e la piazza al dodicesimo posto sulla griglia. Hans dà tutto, ma becca due secondi e mezzo dal compagno di scuderia ed è solo ventisettesimo: gli ammessi al via sono i primi ventiquattro.

Hans lo sa, quella è la sua unica occasione di prendere parte a una gara di Formula Uno; non ci dorme la notte, e con le tenebre escogita il piano più assurdo della storia delle corse.
La domenica si presenta ai box con tuta e casco: nessuno è stupito, se qualcuno non partisse all’ultimo momento potrebbe prendere il via come riserva. Al via, però, si schierano tutti. Il piano di Heyer è un altro; approfittando della confusione e della connivenza delle grid girls, che conosce una per una e che attorniano la gialla ATS celandola alla vista, decide di dare vita alla smargiassata del secolo.

Quando il semaforo diventa verde e i ventiquattro bolidi si buttano a capofitto sui rettilinei immersi nei boschi teutonici, Heyer esce tra la sorpresa, i fischi e gli applausi dai box e prende il via come se nulla fosse.

È una vera buffonata, ovviamente; tutti si accorgono subito che Hans ha preso il via clandestinamente, tuttavia il caso è talmente imprevedibile che la direzione gara non sa come comportarsi. Prima che la squalifica venga decisa e ratificata, Hans Heyer riesce a completare nove giri e ad arrampicarsi fino al diciannovesimo posto. Non solo, prima ancora che lo fermino, ci pensa la vecchia Penske, a cui si rompe il cambio, a mettere fine alla romantica impresa.

Heyer viene squalificato a vita dalla Formula Uno, ma sorride; era la sua unica occasione e lui non è solo riuscito a prendere il via, ma anche a rimanere nella storia come caso più unico che raro, pur compiendo appena nove giri.
Col cappello da alpino e il sorriso da discolo, se ne torna alle sue gare minori.

Se ne parlerà ancora per un incidente al Norisring, pochi anni dopo, in cui la sua azzurra Lancia Beta Montecarlo si ribalta troppe volte per contarla, disintegrandosi.

Tutti temono il peggio, ma quando finalmente la macchina si ferma, Hans scende come se nulla fosse, si allontana con calma, ci ripensa, torna indietro a frugare tra i rottami per recuperare il suo cappello portafortuna e se ne va salutando il pubblico.
Suo un altro record: partecipa dodici volte alla 24 Ore di Le Mans, senza mai portarla a termine.

22 luglio 2007, Nurburgring

Sono passati trent’anni dalla folle impresa di Hans Heyer; la Formula Uno è cambiata e oggi sarebbe impossibile anche solo concepire un piano altrettanto bislacco.

Eppure quel giorno, l’occasione altrettanto unica di partecipare a una gara della massima formula, permetterà a un altro outsider tedesco di entrare nella storia delle corse: Markus Winkelhock.
È nato nel giugno del 1980, Markus, poco prima che il padre Manfred, discreta promessa dell’automobilismo tedesco dell’epoca, facesse tirare un sospiro agli appassionati di mezzo mondo, uscendo tutto intero dai rottami della sua March. Quel giorno – per un problema all’alettone anteriore – la sua vettura decolla sul celebre dosso del Flugplatz, sul vecchio Nurburgring.

Meno bene sarebbe andata a Manfred qualche anno dopo a Mosport: incidente mortale e Markus che rimane orfano a cinque anni.

Il padre ha però fatto in tempo a trasmettergli il virus della velocità.

Domenica 22 luglio, sulla pista tedesca, il cielo è plumbeo ma non piove; tutti calzano gomme da asciutto, tranne una vettura in ultima posizione, l’arancione Spyker del debuttante Winkelhock.
Markus è al via al posto di Albers, che ha finito i soldi degli sponsor ed è stato appiedato. Per lui è l’unica occasione di mettersi in luce, ma la Spyker è la monoposto più lenta e non ha praticamente mai provato.

In prova becca quattro secondi e mezzo dalla Ferrari di Raikkonen e ben un secondo e mezzo da Sutil, compagno di squadra esperto e veloce. La sua unica occasione nasce sotto i peggiori auspici; meglio di niente, comunque.
Ma quella domenica accade un piccolo miracolo.
Per chi ci crede, è bello pensare che Manfred abbia buttato un occhio da lassù verso il figlio, fatto sta che, appena la gara prende il via, le cateratte del cielo si aprono: un vero diluvio.

È il caos: tutti rientrano scompostamente ai box per montare le gomme da bagnato, Raikkonen arriva lungo ed è costretto a fare un altro giro con le gomme lisce sotto il fortunale.

L’unico a essere partito con prudenza già con le coperture da pioggia è lui, Markus Winkelhock. Da buon ultimo che era, si ritrova solo Kimi davanti e lo supera senza problemi: con le gomme sbagliate, la Ferrari ricorda più una saponetta che una Formula Uno.

Non solo, la direzione gara, per dare un senso al caos, manda in pista la safety car e ce la lascia per sette giri, in cui Markus Winkelhock porta la sua arancione Cenerentola davanti a tutti, con baldanzosa sicurezza, come se nella sua carriera non avesse fatto altro.
Appena si può ripartire a pieno regime, la Spyker viene superata da ogni lato, con ferocia.
In due giri Markus è già di nuovo ultimo: l’ordine è stato ristabilito.

Ma il destino ha in serbo un altro piccolo regalo per il giovane tedesco, anche se a prima vista pare il contrario. Dopo tredici giri la Spyker ammutolisce, qualcosa si è rotto nel sistema idraulico, e Markus abbandona malinconicamente la sua prima e ultima gara. I pochi giri completati, però, fanno sì che la sua percentuale di giri al comando su quelli totali percorsi sia la più alta di sempre: cinque su tredici.
Un record che nemmeno Schumacher può insidiargli.

Winkelhock saluta tutti e torna a correre nel DTM.
La sua è una carriera dignitosa, come quella di Hayer trent’anni prima, e i due piloti tedeschi rappresentano le due facce della stessa medaglia: quella dell’unica occasione di tutta una vita.

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