Andrea La Rovere

Ci sono storie bellissime ma sconosciute, fino a quando qualcuno non le racconta

LE STORIE DEGLI IMPERATORI ROMANI: CALIGOLA

LE STORIE DEGLI IMPERATORI ROMANI: CALIGOLA

La nostra storia scombinata dell’Impero Romano prosegue con l’erede di Tiberio, Caligola. Il primo di tanti squilibrati che saliranno al potere a Roma.

C’è un cliché che nella narrativa funziona sempre: prendere una persona totalmente fuori contesto e metterla al potere. Che sia un pazzo, uno cresciuto per strada che si ritrova a vivere nel lusso per scommessa (Una poltrona per due vi dice nulla?), o magari un sosia, una trovata tanto cara agli autori con poca fantasia. L’effetto comico e surreale è assicurato.

Nell’antica Roma succede più volte non a teatro, ma con gli Imperatori.
La prima star del premiato genere “follia al potere” è Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico, meglio conosciuto come Caligola.

Caligola nasce coi geni della superstar: il padre è Germanico, generale coperto di gloria, icona pop della Roma imperiale e nipote di Tiberio. Caligola è parente in linea più o meno diretta di Giulio Cesare e Ottaviano Augusto, lo zio è il futuro imperatore Claudio.

Da ragazzino, con sorelle e fratelli, il piccolo Gaio cresce negli accampamenti militari dove Germanico si fa valere. Si veste da piccolo soldato e rimedia il soprannome che lo consegnerà alla storia come Caligola da “caliga”, un tipo di calzari.

La famiglia di Caligola, baciata dalla fortuna e dagli dèi, è ben presto sterminata, secondo alcuni dalle manovre di Tiberio. Sopravvivono Caligola e le sorelle Drusilla, Livilla e Agrippina, a cui il nostro si lega morbosamente. Tiberio, nel frattempo, si guadagna più o meno giustamente l’odio dei romani e quando finalmente rende l’anima imperiale, Caligola viene acclamato imperator.

Come spesso accade ai nuovi arrivati, il giovane gode dell’amore incondizionato delle folle, cosa che di solito precede il disastro. Quando accompagna le spoglie di Tiberio a Roma la gente gli grida parole d’amore, lo chiama “pulcino”, “stella” e con altri teneri epiteti: faranno presto a scoprire in chi si sono imbattuti.

Caligola è appena il terzo imperatore di Roma e le consuetudini non si sono ancora ben fissate. Augusto e Tiberio hanno governato per molti anni e si sono distinti come figure autorevoli, anziane e serie fino alla noia. L’arrivo di Caligola è come un ciclone. Come se dopo Napolitano e Mattarella andasse al potere Jim Morrison o Kurt Cobain. Caligola, infatti, ha solo venticinque anni, ama il fastoso modello orientale, il lusso e i piaceri stravaganti.

Caligola, inoltre, è pazzo.
Gli storici, pochi in verità, che ce lo raccontano non brillano per obiettività e sicuramente aggiungono aneddoti e perversioni di tasca loro, ma sulla stramberia dell’imperatore ci sono pochi dubbi.

C’è chi lo ritiene schizofrenico, chi dice che da ragazzino soffrisse di epilessia e chi ipotizza malattie veneree. L’ipotesi più probabile, però, è che Caligola fosse semplicemente uno psicopatico.

A vedere i busti, Caligola è un bel ragazzo, alto e con lineamenti sottili; a sentire Svetonio, a cui Gaio sta proprio sulle balle, il suo volto era “per natura orribile e ripugnante”. Caligola non dorme mai, cambia umore nell’arco della stessa frase e passa dai complimenti più sinceri al “giustiziatelo!” senza soluzione di continuità. In quattro anni di potere si sposa quattro volte, spesso per capriccio; fa divorziare la sorella e ne fa – almeno si dice – la sua amante, assieme a uomini e donne assortiti.

Disprezza a tal punto le istituzioni repubblicane che, oltre a reclamare per sé potere di vita e di morte su chiunque, vorrebbe eleggere il suo cavallo preferito come console. Incitatus, così si chiama la povera bestia, vive in una stalla che è più lussuosa della residenza di Augusto. Caligola si comporta come un dio in terra. Eredita tremila milioni di sesterzi dalle solide casse di Tiberio, una cifra che a contarla ci vorrebbe tutta la vita.

Non a spenderla, però: la fa fuori in meno di un anno.
Come? Prima di tutto regalando soldi a destra e a manca, al popolo e ai soldati e organizzando giochi che la Champions in confronto pare un torneo di briscola.

In questo modo schizza in testa alla hit parade del gradimento imperiale. Indice fastosi banchetti, scioglie perle nell’aceto e ricopre d’oro gli alimenti manco fosse Salt Bae. Certo il suo stile alimentare non pare alieno alla sua follia sempre maggiore. A chi gli fa notare la sua tendenza a spendere, se va bene risponde “un uomo o è frugale o è Cesare”, se va male – come a Macrone – lo fa uccidere senza troppi giri di parole.

Il suo carattere lo fa passare in breve dall’idolatria a essere il bersaglio di congiure, una organizzata da Livilla e Agrippina. Lui la scampa sempre, fino a quando la sua abitudine di prendere per il culo tutto e tutti non gli presenta il conto. Cassio Cherea, veterano della sua Guardia Imperiale, abituato agli orrori della guerra e alla vita dura del fronte, diventa il suo bersaglio preferito a causa della voce stridula.

Cassio non ama essere preso in giro e a quei tempi puoi fare tutto ma non mettere in dubbio la virilità, e presto si stanca. Si mette a capo di una congiura e fa secco Caligola con le sue stesse mani. Il diamante impazzito dell’Impero Romano ha governato appena quattro anni e ha dato il primo assaggio di follia a Roma. Al suo posto, quasi per caso, arriva Claudio, il fratello sfigato di Germanico.

La sua storia la racconteremo al prossimo giro.

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Il dipinto è La proclamazione di Claudio a imperatore (Proclaiming Claudius Emperor, 1867), di Sir Lawrence Alma-Tadema.

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