
La bellezza è una benedizione o una condanna? Chiedetelo a Elena, la donna più bella del mondo antico, ricordata non per le sue qualità ma per aver “scatenato una guerra”. Come se fosse colpa sua, sentite un po’.
Elena è figlia di Leda e – sorpresa sorpresa – di Zeus, ma sì, il solito capoccia degli dèi, quello che non riesce a tenerlo a posto nemmeno annodandolo. Stavolta, per conquistarla decide di travestirsi da cigno. Questo ci dice già che la vita di Elena sarà un casino fin dal concepimento. Cresce in casa di Tindaro, il re di Sparta, e diventa così bella che in Grecia lo sanno tutti, e tutti sanno pure che un dono così è buono solo per portare guai.
E infatti, da ragazzina viene rapita da Teseo. Recuperata dai fratelli Castore e Polluce, torna a casa giusto in tempo per il momento più ansiogeno della sua vita: scegliere un marito.
Tindaro, che di politica ne sa, sa anche che chiunque sposi Elena si tirerà dietro l’odio di tutti gli altri principi Greci. Ha una bella trovata, anche se i bene informati dicono che a dargli l’idea è quel drittone di Ulisse: ogni pretendente giura che, a prescindere da chi la sposerà, lo aiuterà in caso di guai. Un genio della diplomazia. Tindaro non lo sa, ma ha appena gettato il seme del disastro.
Elena deve scegliere tra ben 43 pretendenti: un antenato di certi reality trash a cui, non dimentichiamolo, la ragazza non ha scelto di partecipare. Alla fine, forse dopo aver estratto a sorte, sposa Menelao, re di Sparta.

Lui è potente, lei è regina, tutto sembra filare liscio, per gli standard del tempo. Nel frattempo, però, molto lontano, tre dee stanno litigando per un concorso di bellezza.
Sentite questa, perché è bella. Sul Monte Gargaro, quel bovaro di Paride sta pascolando le mandrie. Magari pregusta già la sera, quando si guarderà il posticipo al pub, davanti a un boccale di Peroni e una cinquantina di arrosticini.
In quella, passa Ermes e gli mette in mano la patata bollente o, meglio, la mela d’oro che dovrebbe dare alla più bella tra Era, Atena e Afrodite. Le tre vedono quel pacioccone di Paride e pensano che a scegliere debba essere lui. Le tre dee non hanno le rotelle che ingranano a dovere, altrimenti mai avrebbero raggiunto una posizione apicale in una società patriarcale quasi quanto la nostra.
Iniziano a fare promesse in cambio della vittoria: Era gli promette che sarà l’uomo più potente del mondo, se avesse dato a lei la vittoria; Atena gli assicura che diventerà l’uomo più sapiente del mondo; infine, Afrodite, che ha inquadrato meglio quel fesso di Paride, gli garantisce il possesso della donna più bella che mai si fosse vista. Elena, per l’appunto.
Lui, ragionando col “cervello di sotto”, come farebbe la gran parte degli uomini, sceglie Afrodite.
Ora, qui le versioni qui si dividono: Elena si innamora di Paride e lo segue spontaneamente; Elena viene rapita e portata via con la forza; Elena non va proprio da nessuna parte, perché era solo un’illusione e la vera Elena rimane in Egitto (versione di Euripide, che ama i finali alternativi).
In ogni caso, il punto è che la colpa non è sua. Ma, se ancora oggi è così di moda dare la colpa alla vittima, pensate che in quella società arretrata potesse essere diverso?
Tenendo fede al Giuramento di Tindaro, scoppia la guerra di Tr*ia, città da cui viene Paride e dove la rapita viene portata. Le navi salpano, i guerrieri si scannano, Achille sbraita, Ulisse tesse inganni. La facciamo corta, tanto le guerre sono tutte uguali.
Elena è lì, chiusa nelle stanze, disprezzata da tutti. Anche dopo dieci anni, quando la città cade, per lei chi vince non fa poi tanta differenza: se torna con Menelao, sarà una peccatrice perdonata a malincuore; se resta, una traditrice. Menelao alla fine se la riprende, ma con la stessa gioia con cui si ritira un pacco rispedito al mittente.
Anche il suo epilogo cambia a seconda delle fonti: in una versione torna a Sparta con Menelao e finisce i suoi giorni come regina poco amata; nella più tragica, viene seccata dalla folla inferocita che non le perdona nulla.
Elena è la donna che non fa nulla di male, eppure viene odiata da tutti. Non può decidere chi sposare, non può decidere di restare o di partire, ma alla fine la colpa della guerra ricade comunque su di lei. Un perfetto esempio di vittima che si sente pure in colpa, nonostante sia stata solo una pedina in un gioco più grande di lei. Perché, in fondo, è sempre più facile trovare un capro espiatorio, meglio se donna, che ammettere che la guerra sia sempre scatenata dalla stupidità e dalla sete di potere degli uomini.
*Il dipinto è di Evelyn De Morgan
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