Andrea La Rovere

Ci sono storie bellissime ma sconosciute, fino a quando qualcuno non le racconta

La bizzarra storia di Bertrand Gachot

La bizzarra storia di Bertrand Gachot

Alla Storia degli eventi – quella con la “S” maiuscola – si alterna la storia di personaggi minori. Eroi alla Forrest Gump, che si trovano ad assistere, quando non a causare, vicende rispetto cui rimangono di lato. La storia di Bertrand Gachot.

Dicembre 1990, Londra, Hyde Park

La sera è di quelle fredde e umide che gli abitanti di Londra ben conoscono.
Nella nebbia, una frenata, il rumore di un urto; un tamponamento, forse.
Due uomini che litigano e alzano la voce, di certo.
Uno è Eric Court, un tassista; volano parole grosse, forse uno vuole aggredire l’altro.
A un certo punto, nelle mani del giovane tamponatore, spunta uno spray al peperoncino: una vera novità, all’epoca.
In Inghilterra il prodotto per autodifesa è assimilato a un’arma e l’aggressore viene denunciato a piede libero.
Quell’uomo si chiama Bertrand Gachot.

Domenica 9 luglio, 1989, Le Castellet, Francia

Al Gran Premio di Francia del 1989 la curiosità è tanta: al via ci sono ben quattro facce nuove. I debuttanti sono Martin Donnelly, Eric Bernard, Jean Alesi e lui, Bertrand Gachot.
Il primo sarà destinato al ritiro dopo uno spaventoso incidente; Bernard a una carriera senza acuti, Alesi arriverà quarto al debutto e presto sarà ingaggiato dalla Ferrari.

La Onyx del miliardario Van Rossem

Gachot nelle prove è il più veloce dei quattro, per di più pilotando la Onyx, monoposto che sta insieme con l’ottimismo, più che con la tecnologia.

Bertrand si qualifica undicesimo, nella bolgia della Formula Uno di fine anni Ottanta, con quasi quaranta vetture iscritte. In gara va ancora meglio, tanto che il belga si ritrova sesto prima di avere una serie di guai.
Gachot è figlio di un francese e di una tedesca, ma nasce e corre per il Belgio. Con un tale miscuglio pare il ritratto della nascente Unione Europea; e infatti Bertrand è un europeista convinto, tanto da sfoggiare la bandiera dell’Unione pure sul casco.

Gachot è arrivato in Formula Uno alla chetichella, ma nelle categorie minori si è sempre fatto rispettare; primo in Formula Ford, secondo nella Formula Tre inglese e quinto in 3000. Il 1989, però, non è all’altezza di quella sua prima gara.
Gachot vince la lotteria delle qualifiche solo cinque volte e in gara non vede quasi mai la bandiera a scacchi. A Monza si fa sfuggire qualche parola di troppo sulla Onyx e viene immediatamente cacciato, condannato a chiudere l’anno sulla Rial, monoposto ancora peggiore.

Il titolare della Onyx è Jean Pierre Van Rossem, miliardario eccentrico e volubile.
L’uomo pare uscito da un film di James Bond, in cui potrebbe impersonare uno degli iconici, folli villain.

L’anno dopo Bertrand – che ha lasciato comunque buone impressioni – viene ingaggiato dal piccolo team italiano Coloni. La squadra naviga da sempre nelle retrovie, ma ha siglato un promettente accordo col colosso giapponese Subaru, che mira a riportare in auge il 12 cilindri boxer tanto in voga negli anni Settanta.
Il motore – manco a dirlo – è un fiasco senza precedenti. La Coloni naviga in fondo alla classifica rimediando distacchi misurabili con la clessidra. Gachot le prova tutte, ma non riesce mai a qualificarsi.

Quando a dicembre litiga col tassista a Londra, per Gachot il futuro si presenta fosco.

Il debutto della Jordan a Phoenix: luci e ombre

Bertrand non sa che proprio quella lite, presto dimenticata, gli darà la mazzata finale.
Per il 1991 in Formula Uno è previsto l’ingresso di una nuova squadra, la Jordan.
Il patron, Eddie Jordan, è un vulcanico ex pilota, tanto scarso in pista quanto creativo fuori, che sfoggia tanto ottimismo e una serie di parrucchini di lunghezza variabile.
Il progettista è un allampanato ingegnere nerd, Gary Anderson, di quelli che ti aspetteresti di trovare in un gruppo Reddit su Guerre Stellari. Lo sponsor 7Up e la livrea verde valgono alla Jordan da subito il nomignolo di macchina della gazzosa.

https://www.youtube.com/watch?v=VfgLQAGJ9IM

Un pilota che non si qualifica da un anno, un proprietario famoso per i parrucchini e un ingegnere nerd, cosa manca? Alla vigilia del primo week end di gara, viene ingaggiato Andrea De Cesaris, che in terra d’Albione ha ancora il sinistro soprannome di De Crasheris. Pare la più classica delle Armate Brancaleone.

E invece la Jordan fila che è una meraviglia; oltre che bella, la 191 è molto competitiva.

I tempi felici alla Jordan

Gachot e De Cesaris ci danno dentro e a metà stagione la Cenerentola del circus è quinta in Campionato. Gachot, quasi sempre più lento del velocissimo compagno di colori, mette insieme quattro punti ed è una delle rivelazioni dell’anno. In Ungheria segna addirittura il giro più veloce.

Si arriva alla gara di casa, in Belgio, a Spa Francorchamps.
Gachot è motivatissimo; i tifosi tracciano le loro incitazioni sull’asfalto con la vernice già la settimana prima. Bertrand vuole ripagarli dando il massimo su una pista che conosce benissimo e che si adatta alla perfezione alla Jordan. Il belga in quell’anno ha anche trionfato alla 24 Ore di Le Mans, pare in stato di grazia.

E invece.
A Londra la giustizia – a differenza di Bertrand – non ha dimenticato la lite di Hyde Park; coi suoi ritmi lenti e impietosi, la macchina giudiziaria mette in scena il processo.

La sentenza è esemplare: condanna a 18 mesi di reclusione.

Gachot passa – nel tempo di un giro di pista – dalla tuta verde della Jordan a quella a righe da galeotto. Subito si grida allo scandalo, scattano petizioni dei piloti e campagne dei giornali.

Eddie Jordan, però, deve sostituirlo.
Da una parte rassicura il belga, dall’altra affida il suo volante a un tedesco giovanissimo e sconosciuto, di cui i talent scout dicono meraviglie.
Come nella più classica gag fantozziana, la monoposto di Gachot finisce nelle mani di Michael Schumacher, colui che è predestinato a diventare un mito delle corse.

In brevissimo tempo Gachot viene dimenticato un po’ da tutti; in Belgio non solo Schumacher impressiona in tal modo che subito la Benetton lo ingaggia, De Cesaris rischia addirittura di vincere.

In galera, intanto, Gachot si lascia andare, compromettendo il suo equilibrio psicofisico. Quando finalmente lo rilasciano, Jordan ha scoperto la gioia di affittare la sua monoposto in cambio di denari: al fianco di De Cesaris si alternano Schumacher, Moreno e Zanardi. Per Bertrand non c’è più posto, se non per un paio di tentativi con la Larrousse, senza manco qualificarsi.

L’anno dopo la squadra francese lo conferma e Gachot mette a segno anche qualche buona gara; a Montecarlo è sesto e segna il suo ultimo punto.
Ma ormai il suo destino è segnato, il carcere è arrivato mentre era all’apice della sua parabola, privandolo delle soddisfazioni che si sarebbe potuto togliere.

Non sarebbe stato un campione, Gachot, questo è certo, ma nemmeno meritava di essere ricordato solo per le sue vicende giudiziarie.
E per aver – involontariamente – permesso l’esordio di Schumacher.

Gachot con la lentissima Pacific, nel 1995

Gli anni successivi portano Gachot a chiudere la carriera nella massima formula così come era iniziata: in fondo alla griglia. Corre un paio d’anni con la Pacific, monoposta dalla lentezza quasi diabolica, rimanendo pervicacemente ancorato alle ultime posizioni.
In perfetta assonanza col suo destino, Bertrand diventa socio della squadra che – ovviamente – fallisce poco dopo.

Di Bertrand si perdono le tracce, fino a quando riappare per seguire il figlio Louis che, per adesso, pare seguire il canovaccio da pilota di piccolo cabotaggio del padre.

Bertrand Gachot, l’unico pilota messo fuori causa da uno spray al peperoncino.

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