Andrea La Rovere

Ci sono storie bellissime ma sconosciute, fino a quando qualcuno non le racconta

Fabio Volo, “Una vita nuova” e la banalità del genio

Fabio Volo, “Una vita nuova” e la banalità del genio

Chi scrive questa recensione è costretto a iniziare con una confessione, ovvero i motivi per cui ha deciso di leggere il nuovo libro di Fabio Volo, Una vita nuova.

Le ragioni sono due. La prima fa onore al reparto marketing della Mondadori, casa editrice di Fabio Volo, ed è la copertina. Il Vostro umile recensore è infatti un grande amante delle auto d’epoca, e ritrovarsi davanti una Fiat 850 Spider rossa fiammante ha inevitabilmente attratto la sua attenzione. Prendere in mano il volume, in libreria, e leggere la quarta di copertina è stato automatico.

La seconda ragione è più peculiare. Navigando in un gruppo Facebook di lettori, mi sono trovato davanti un post talmente bizzarro da farmi fermare a rileggere, incredulo. Si era alla sera di Natale e una donna pubblicava un post di rimostranze verso il marito, reo di averle fatto trovare sotto l’albero un libro di Fabio Volo.

Tra chi le consigliava di cambiarlo – il marito, non il libro, ça va sans dire – e chi di dare una possibilità allo scrittore lombardo, la curiosità è scattata. Cosa avrà di tanto terribile questo romanzo da mettere a rischio una collaudata routine matrimoniale?

Fabio Volo è – da vent’anni – un vero caso editoriale. I suoi libri vendono milioni di copie, facendo la gioia della casa editrice e dei lettori meno smaliziati. D’altro canto, nello stesso lasso di tempo, la critica ha avuto modo di accanirsi verso lo stile del conduttore prestato alla letteratura.

Fabio Volo si è sempre difeso senza tentennamenti; non è un letterato, e lo rivendica con orgoglio. Lui, piuttosto, è la voce dell’italiano medio, lo stesso che veniva messo alla berlina con ferocia da Paolo Villaggio; quello sbertucciato da Umberto Eco nella celebre Fenomenologia di Mike Bongiorno.

La differenza è che Volo, quell’italiano avvolto dall’aura della mediocrità, lo accarezza, dando l’impressione a ognuno di noi che riflessioni banali anche al bar, davanti al cappuccino, siano materia di buona letteratura.

Ma parliamo più in dettaglio di Una vita nuova di Fabio Volo.
Il meccanismo narrativo che fa da miccia alla storia è proprio la Fiat 850 Spider. Nel romanzo, l’auto d’epoca è appartenuta in passato al padre del protagonista, che si chiama Paolo. L’uomo è in preda alla più classica delle crisi di mezza età: pare non provare più nulla per la moglie, non è più motivato dal lavoro e cova una malsana dipendenza affettiva verso gli anziani genitori.

Insomma, una lagna adolescenziale in chiave cinquantenne irrisolto.

In visita dal padre, assiste a due fenomeni.
L’anziano non fa che parlare della sua vecchia Fiat, venduta a causa dell’arrivo dei figli. Un modo strisciante di riversare sensi di colpa sugli stessi. L’uomo è il tipico maschio di una volta, blindato verso le emozioni e qualsiasi esternazione degli stessi. Inoltre, nell’ultimo periodo, è vittima di frequenti blackout che gli provocano pericolose cadute.

Chiunque, allarmato da sintomi più che evidenti – manca solo una spia con scritto TIA che inizi a lampeggiare per far capire che si tratta di ischemie transitorie – lo porterebbe da un medico. Il brillante Paolo, invece, decide di cercare la vecchia 850 e di ricomprarla, in preda a una mania nostalgica sempre più diffusa. La Fiat viene rinvenuta in Puglia e così, accompagnato dall’amico Andrea – versione libertina del Grillo Parlante – Paolo inizia il più classico dei viaggi on the road.

Per dare nuovo smalto a una trama che era logora già ai tempi di Kerouac, ci vorrebbe qualche colpo di genio. E invece Una vita nuova si trascina tra scontati cliché e colpi di scena che si indovinano nell’arco dei primi tre capitoli.

I personaggi sono stereotipati e allo stesso tempo poco credibili. La moglie di Paolo abbandona il lavoro appena sposata, come facevano le donne fino agli anni Sessanta, ma la cosa non sembra stupire nessuno; il fratello abbandona il lavoro in cui eccelle per reinventarsi contadino biologico in una tenuta che somiglia in modo inquietante alle pubblicità del Mulino Bianco.

Andrea, poi, sciupafemmine da balera, innamorato della fidanzata ma sempre pronto all’avventura di una notte, non perde occasione per sfoggiare perle di filosofia da bancone del bar. Trascina l’amico dalla vecchia fiamma sciroccata, riconvertita a santona yoga e lo porta sulla via di tentazioni proibite ma non troppo. Come quando lo fa abbuffare di biscotti alla marijuana.

Su tutto emerge lo stile di Fabio Volo, semplice fino alla sciatteria, anche in scelte narrative piuttosto piatte, dall’uso del passato prossimo a trovate davvero troppo prevedibili.

Una vita nuova di Fabio Volo, in conclusione, è un romanzo che riesce nel duplice intento che si prefigge. Il primo è quello di vendere, il secondo quello di farsi leggere da fruitori di bocca buona, poco avvezzi alla lettura.

Allo scrittore va dato atto di sapere quello che fa e di non pretendere di più, con grande onestà intellettuale. I grandi introiti che i suoi libri portano alla casa editrice, in fondo, sono gli stessi che permettono di pubblicare anche prodotti d’autore di nicchia.

E alla coppia del gruppo Facebook, quale consiglio dare? A lei di concedere una possibilità, non al libro ma al marito. A lui di cambiare decisamente tipo di regalo, magari una vecchia Fiat Spider.

Articolo pubblicato in origine su Onda Musicale, qui.

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