Andrea La Rovere

Ci sono storie bellissime ma sconosciute, fino a quando qualcuno non le racconta

Amore e Psiche, l’estasi scolpita nel marmo

Amore e Psiche, l’estasi scolpita nel marmo

Amore e Psiche è il celebre gruppo scultoreo di Antonio Canova, realizzato tra il 1787 e il 1793. La versione più famosa è conservata al Louvre di Parigi. Non tutti sanno che una seconda copia, dello stesso Canova, si trova esposta al Museo Ermitage di San Pietroburgo.

L’Amore e Psiche venne commissionata dal colonnello John Campbell, che richiese esplicitamente di raffigurare gli amanti narrati da Apuleio.

Canova, in cerca di ispirazione, si mise a studiare anche i precedenti lavori con protagonisti i due amanti. L’idea giusta per la posizione gli venne ammirando un antico affresco di Ercolano.

Al momento della consegna sorse un problema. Campbell aveva fatto il passo più lungo della gamba e non aveva i soldi per trasportare la scultura in Inghilterra. Amore e Psiche fu allora acquistato da Gioacchino Murat, che la fece portare nel suo palazzo di Parigi.

Per i due amanti non c’era però pace: la Corona francese requisì il gruppo che divenne bene dello stato e fu trasferito al Louvre, dove si trova ancora oggi.

La fama di Canova superava i confini italiani, tanto che il principe russo Nikolaj Jusupov fu inviato dall’imperatrice Caterina II di Russia, che voleva a tutti i costi l’artista a corte; Canova rifiutò, ma accettò di realizzare una seconda versione dell’Amore e Psiche, completata nel 1795. Questa seconda versione arrivò in Russia nel 1802 e dal 1929 è conservata nel museo dell’Ermitage.

Altre repliche furono realizzate dall’allievo Adamo Tadolini che, autorizzato dal Canova, ne eseguì almeno cinque copie.

L’opera fu un incredibile successo europeo di Canova: la risonanza del gruppo fu enorme, e furono in moltissimi, tra artisti, viaggiatori e eruditi, ad affluire nell’atelier di Canova per poterla ammirare, al punto che lo scultore per difendersi dalla folla spesso andava a lavorare in un altro studio.

Tra gli ammiratori più entusiasti vi erano John Keats, che ispirato dall’Amore e Psiche canoviano scrisse una delle sue ode più celebri, “Ode to Psyche” del 1819.

Celebre è poi la reazione di Gustave Flaubert, che commentò:

“Ho baciato sotto l’ascella destra della donna in deliquio che tende verso Amore le sue slanciate braccia di marmo. E che piedino! Che profilo! Ch’io possa esser perdonato, da tanto tempo questo è stato il mio solo bacio sensuale, ed è stato qualcosa in più: ho baciato la bellezza stessa, ed era al genio che sacrificavo il mio ardente entusiasmo”.

Molto meno lungimiranti le reazioni di alcuni critici, che ritennero l’opera eccessivamente barocca, complessa, perfino manierista. Tra i più sprezzanti vi fu Carl Ludwig Fernow, che rimproverò Canova di non aver fornito “una visione appagante dell’opera, da qualunque parte si contempli”, aggiungendo che “invano lo spettatore si affatica a ricercare un punto di vista da cui scorgere entrambi i volti, e nel quale ridurre a punto di convergenza centrale ogni raggio dell’espressione di tenerezza”.

La storia dell’arte gli ha dato ampiamente torto.

Ma chi erano Amore e Psiche? La storia venne scritta da Apuleio nall’opera “Asino d’oro” del II secolo dell’Era Comune.

Psiche era una fanciulla incredibilmente seducente, tanto da scatenare le gelosie della dea Venere. Come osava, una semplice mortale, rivaleggiare con la dea stessa della bellezza? Venere non la prese bene e decise di vendicarsi con l’aiuto del figlio Amore, il quale avrebbe dovuto farla innamorare di un uomo rozzo che non la ricambiasse.

Anche Amore, però, non rimase indifferente al fascino di Psiche e se ne invaghì perdutamente, decidendo con l’aiuto di Zefiro di trasportarla nel proprio palazzo. Lì Psiche trascorse con Amore notti infuocate dall’amore e dalla passione, senza tuttavia poter guardare il volto dell’amante. Amore, infatti, non rivelò mai la propria identità, per evitare l’ira funesta della madre Venere.

Quando, istigata dall’invidia delle sorelle, Psiche venne meno al patto e vide il volto dell’uomo che le travolgeva i sensi, Amore, infuriato per il tradimento, si allontanò da Psiche, che fu gettata nello sconforto più totale.

La versione di Amore e Psiche esposta a San Pietroburgo

Per ricongiungere con il divino amato, Psiche dovette affrontare una serie di prove per ottenere l’immortalità, superandole nonostante la difficoltà. Venere, presa dalla sua solita ira, pose la fanciulla davanti alla prova più difficile: discendere negli Inferi e chiedere alla dea Proserpina di concederle un po’ della sua bellezza.

Fu così che Psiche ricevette da Proserpina un’ampolla che, curiosa, aprì. Con grande sconcerto, scoprì che il vaso non conteneva bellezza, bensì un sonno infernale che la fece addormentare profondamente. Amore, una volta venuto a conoscenza del tragico destino dell’amante, si recherà presso Psiche, risvegliandola col più classico dei baci. Il momento è proprio quello che Canova sceglie di ritrarre e che verrà replicato in molte fiabe.

L’opera di Canova, pienamente Neoclassica per gusto e stile, vale allo scultore il paragone coi più grandi artisti classici, greci e romani.

Nota soprattutto nella sua vista frontale, l’opera cela molti particolari poco conosciuti nelle altre prospettive; ad esempio, la faretra di Amore e il vaso con cui Psiche avrebbe dovuto prelevare l’essenza della bellezza di Proserpina.

Una versione dipinta della scultura venne realizzata dal pittore piacentino Gaspare Landi, con la collaborazione – pare – dello stesso Canova, di cui era grande amico.

Ancora oggi, milioni di visitatori di tutto il mondo provano le stesse sensazioni descritte da Flaubert.

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