Andrea La Rovere

Ci sono storie bellissime ma sconosciute, fino a quando qualcuno non le racconta

LE STORIE DEGLI IMPERATORI: NERONE, TRA FOLLIA E ARTE

LE STORIE DEGLI IMPERATORI: NERONE, TRA FOLLIA E ARTE

Per capire Nerone, proviamo a riportare tutto a oggi.
Avete presente quei genitori che puntano tutto sul figliolo genio, quello che a 3 anni dribbla come Messi, a 4 anni parla otto lingue, a 6 è amministratore delegato di tre multinazionali e a 9 è già al manicomio navale di Arezzo? Ecco, la mamma di Nerone, Agrippina, è così.

Agrippina è figlia di Germanico, uno il cui ricordo a Roma è idealizzato perché è morto prima di fare in tempo a farsi odiare, ed è sorella di Caligola. Il loro rapporto è da libro Cuore: lei vorrebbe fargli la pelle con una congiura, lui – più matto del suo famoso cavallo Incitatus – la fa esiliare. In tutto ciò, il piccolo Nerone – che si chiama Lucio Domizio Enobarbo – cresce con l’amorevole zia Domizia Lepida, che lo avvia all’amore per l’arte.

Quando Caligola schiatta e Agrippina torna dalla vacanza a Pandataria, il luogo dell’esilio, ogni buona azione viene punita. Agrippina si riprende Nerone per farne il suo golden boy e inizia a tramare per metterlo sul trono da imperatore. La brava Domizia, qualche anno dopo, sarà messa a morte proprio da Agrippina.

La prima mossa della donna è quella di sposare Claudio, l’imperatore, che incidentalmente è anche suo zio. Il gioco è quasi fatto, solo Claudio si frappone tra Nerone e il trono. L’imperatore – et voilà – muore mangiando funghi avvelenati, pare offerti da Agrippina, e Nerone, a meno di 17 anni, è imperatore. Manco Verstappen in Formula 1 ha bruciato le tappe come lui.

Nerone, a quel tempo, ha già sposato Claudia Ottavia, una unione propiziata dall’onnipresente madre. Claudia Ottavia è figlia di Claudio e ha 12 anni, quindi è nello stesso tempo cugina, sorellastra e moglie di Nerone. Roba da far girare la testa.

Per il regno dell’enfant prodige, Agrippina non l’ha mica pensata male. Il giovane si farà, dice, e intanto i consigli glieli danno lei e Seneca, una sorta di mental coach del nostro. In pratica, comandano loro. L’unico possibile ostacolo, Britannico, altro figlio di Claudio, muore anche lui avvelenato: ma tu guarda il caso.

Il principato di Nerone parte col botto: i suoi primi cinque anni sono ricordati tra i più felici dell’Impero. Il princeps se ne frega di fare le solite guerre con barbari e Parti e attua una serie di riforme a favore del popolo con cui cerca di migliorare le condizioni dei più poveri. Ci manca solo che si affacci dal suo palazzo urlando “abbiamo abolito la povertà!”

Nerone, ovviamente, si inimica il Senato e infatti i principali storici – legati alla nobiltà – non saranno proprio obiettivi con lui, dicendo che puzzava di zolfo e che aveva i piedi caprini. “Il popolo amava Nerone. Perché opprimeva i grandi ma era lieve con i piccoli”, non lo dico io ma Napoleone, un altro che a ego andava forte.

Nerone, inoltre, ama l’arte, il canto, il teatro e la poesia a tal punto da cimentarsi in prima persona. Guai a dire che non era capace – e pare che fosse veramente un cane – perché si rischiava la capoccia. Certo sono altri tempi, ce lo vedete oggi un attore di serie C diventare, che so, presidente dell’Ucraina?

E allora, cos’è che fa perdere la brocca a Nerone?
Innanzitutto, Poppea, fanciulla di cui si innamora e che – come da tradizione – non va d’accordo con la futura suocera. Peccato che le loro liti non si limitino alla ricetta del polpettone, come usava fino a cinquant’anni fa. Claudia Ottavia, intanto, non vuole levarsi di mezzo, e Nerone la fa fare fuori, inimicandosi per la prima volta il popolo.

Agrippina, da madre amorevole (anche se un tantino ossessiva e morbosa) che fa tutto per il figlio, e per il potere, diventa un problema. Prima Nerone tenta goffamente di farla secca simulando un naufragio, poi la fa uccidere ventilando una congiura a cui non crede nessuno.

Da qui inizia la discesa agli inferi di Nerone.
Una serie di violenze dettate dalla paranoia che precipitano l’Impero in una spirale di sangue e che gli farà perdere l’appoggio di popolo e Senato.

Nerone decide di seguire i dettami freudiani, anche se forse in modo troppo letterale: il fondatore della psicanalisi sosteneva la necessità di “uccidere” il padre. A casa di Nerone il padre non ha mai contato molto, e così il nostro decide di far fuori Agrippina, la madre. Certo, potreste obiettare che Freud parlava in senso metaforico, ma Nerone non è tipo da badare alle sottigliezze.

L’imperatore inaugura così la discesa agli inferi, quella che non manca mai nel cliché del viaggio dell’eroe. Teatrale come sempre, Nerone è da allora tormentato dagli incubi e dal rimorso e, per farsi perdonare, vede di procurare un po’ di compagnia ad Agrippina sotto terra. Per iniziare ripudia la moglie Ottavia per sposare Poppea. Anzi, già che c’è, la fa uccidere e poi dice al popolo che quella ha fatto tutto da sola.

L’idea di una congiura, che all’inizio si è inventato per giustificare la morte di Agrippina, piace, sia a Nerone che ai suoi tirapiedi. Il primo, in piena paranoia, ne vede una a ogni pie’ sospinto, i secondi non si fanno pregare per organizzarne di vere. Nerone, intanto, fa avvelenare pure Afranio Burro, prefetto del pretorio tenero come il nome che porta. Al suo posto mette Tigellino, gelido e sanguinario più di lui: un simpaticone.

Pur inviso al senato, Nerone si tiene però buono il popolo, tra spettacoli, redditi di cittadinanza e programmi con Pio e Amedeo. Il disastro avviene il 18 luglio del 64, una notte che a chi segue i programmi di Albertone Angela nostro pare di aver vissuto.

È la notte del grande incendio di Roma.
L’immagine di Nerone nel suo palazzo che suona la lira con le fiamme che guizzano sullo sfondo è irresistibile: peccato che sia una delle più antiche fake news. Nerone, quella notte, non è nemmeno a Roma, ma questo non vuol dire, anzi. Tuttavia, che interesse avrebbe avuto a distruggere Roma? Per avere la scusa di perseguitare quei quattro gatti spelacchiati che erano i cristiani all’epoca? E perché distruggere la sua città, quando avrebbe potuto farlo senza bisogno di una scusa?

La verità è che Roma è una polveriera di legno dove si accendono fuochi ogni secondo: il vero mistero è come non sia bruciata prima. I vigili del fuoco di quella volta, inoltre, hanno in dotazione secchi bucati e gli spruzzini del discount.

Nerone, da par suo, si prodiga per salvare il salvabile, con scarsi risultati. Roma è distrutta quasi del tutto, tanto che molti pensano che la capitale vada spostata altrove. Qui Nerone ha il suo ultimo guizzo di genio visionario: decide di ricostruire Roma ancora più bella di prima, a partire dalla incredibile Domus Aurea. Ed esagera.

Per prima cosa, per sfogare la sua rabbia e senza prove, dà la colpa ai cristiani e li fa perseguitare ferocemente. Poi manda in malora le casse per la ricostruzione, arrivando al punto di violare i tesori sacri dei templi pur di fare cassa.

Il senato non gliela perdona e – con la solita congiura – vorrebbe mettere Pisone al posto suo. Il piano fallisce e la repressione è sanguinosa. A Tigellino non pare vero di poter menare le mani e i morti si contano a pezzi di centinaia. Perfino Seneca, il saggio mental coach dei tempi belli, viene costretto al suicidio che lui, con una raffinata citazione di Socrate, mette in pratica ingollando un “Cicuta on the beach”.

Nerone sbrocca. Di brutto.
Poppea, incinta, muore. Per il senato è Nerone che la prende a calci, per la questura è morte naturale. Incredibilmente, a questo punto, Nerone va in tour. Su una lussuosa galea, gli yacht dell’epoca, gira le isole greche recitando poesie, raccontando barzellette (vi ricorda qualcuno?), cantando e facendo orge.

Per gli storici moderni, Nerone non aveva disturbi mentali: certo è che si comporta come un pazzo fatto e finito. Vorrebbe combattere i nemici commuovendoli con la poesia, punisce chi si addormenta mentre recita (tra questi c’è Vespasiano), sposa prima Pitagora, un liberto, poi Sporo, dopo averlo fatto castrare, perché gli ricorda Poppea.

Insomma, non sarà pazzo, ma Nerone non è manco uno che inviteresti al pub per bere una cosa insieme.

Alla fine, si risposa con Statilia Messalina e, mentre pensa alle sue tournée teatrali, il senato lo depone e lo dichiara nemico pubblico. Ovvero: chi lo incontra lo può fare secco lì per lì e ricevere in cambio “solo complimenti” come nei gruppi di poeti della domenica. Quando anche quella pasta d’uomo di Tigellino lo abbandona, Nerone tenta la fuga ma poi, per evitare l’umiliazione di essere fatto fuori dal forcone di un contadino, fa da solo.

La sua uscita di scena, ça va sans dire, è teatrale: “Qualis artifex pereo!” dice, ovvero “Quale artista muore con me!”

Per la sua successione, i romani fanno quello che gli riesce meglio sotto pressione: una guerra civile.

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