Andrea La Rovere

Ci sono storie bellissime ma sconosciute, fino a quando qualcuno non le racconta

Stephen South, la Formula 1 e il Butterfly Effect

Stephen South, la Formula 1 e il Butterfly Effect

Harrow è una cittadina inglese di quasi centocinquantamila abitanti, parte del complesso della Greater London; negli anni Cinquanta, però, era nota come la “Capitale del Metro Land”. Quel complesso urbano a nord ovest di Londra doveva la sua fama soprattutto a una serie di incidenti ferroviari e per essere stata una dei primi bersagli dei bombardamenti tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale.

Proprio ad Harrow, il 19 febbraio del 1952, nasceva Stephen South.

La storia di South è uno degli esempi più fulgidi del concetto di sliding doors, ovvero di come una circostanza, a prima vista insignificante, possa avere incredibili ripercussioni se giudicata a posteriori.
Studente alla raffinata Harrow County School for Boys, il giovanissimo Stephen era stato avviato alle competizioni grazie all’entusiasmo del padre; l’uomo era un appassionato di vecchia data delle gare motoristiche. Con un vecchio kart i due si divertivano a girare in pista.

La stoffa e il talento di South non tardarono a venire a galla: il ragazzo vinse i campionati britannici per due anni consecutivi, nel 1968 e nel 1969. Erano gli anni della Swingin’ London, dell’invasione beat, del british blues e dei Led Zeppelin ma, mentre i suoi coetanei chiedevano per Natale una chitarra elettrica con cui emulare le gesta di Eric Clapton o Jimmy Page, per Stephen il regalo più ambito era quello del volante di una vera monoposto.

Il passaggio alla Formula Ford fu il naturale sviluppo della sua carriera agonistica, e la formula propedeutica fu teatro della sua crescita fino al 1974. Mentre in formula uno si chiudeva l’era di Sir Jackie Stewart e impazzava la rivalità tra il computer austriaco, l’emergente Niki Lauda, e il ben più gaudente brasiliano Emerson Fittipaldi, South passava alla Formula tre, non senza difficoltà economiche nel proseguire un percorso che mirava sempre più in alto, sostenuto però solo dal talento, tanta passione e qualche sponsor di provincia.

Una serie di ottime prestazioni, tra cui il podio nell’importante vetrina di Montecarlo nel 1976, fanno schiudere le porte del Team BP, un team ufficiale, per la stagione 1977.

Stephen ha già venticinque anni; è giovane ma relativamente, in un ambiente che corre veloce come quello del motorsport. Jody Scheckter, per dire, quasi coetaneo, già lotta per le prime posizioni da quattro anni.
I suoi avversari sono tutti nomi che correranno stabilmente nella massima categoria di lì a poco: Nelson Piquet, Elio De Angelis, Nigel Mansell, Derek Daly, Piercarlo Ghinzani, Derek Warwick.
Stephen li mette tutti in riga e alla fine dell’anno è campione della serie Vandervell.

Il salto in formula due, se non addirittura in Formula uno, dovrebbe essere a quel punto una formalità. Nessuna grande squadra si fa però sentire, e così South è costretto a cercarsi un telaio privato per la Formula due, a ricominciare a girare guidando egli stesso la sua vecchia macchina, portandosi dietro il padre e un meccanico, vivendo alla giornata.

Anche così, Stephen riesce a stupire, correndo per sei gare di formula due e cogliendo un ottimo quarto posto a Hockenheim, contro squadre ufficiali per più agguerrite.

Il capolavoro però è a Brands Hatch.
In quell’anno era appena nato il Campionato Britannico di Formula uno, una sorta di categoria minore dove trovavano nuova vita le monoposto degli anni precedenti e i piloti che non avevano trovato sbocchi nella massima serie.
Le gare sono comunque molto competitive e i piloti di grande qualità; al debutto, correndo con una vecchia March, Stephen South si mette subito tutti dietro, siglando la pole position. In gara è costretto al ritiro, ma la sua prestazione non resta inosservata, tanto che Ron Dennis, futuro artefice di tanti trionfi targati Mclaren, lo vuole per il 1979 nel suo team Project Four.

South è subito competitivo, segna il giro veloce in Germania, la pole a Vallelunga, ma qualche guaio di troppo e l’inesperienza nel correre al vertice in quella categoria, segnano la prima parte del suo campionato. Va meglio nel finale, con la vittoria a Hockenheim e i terzi posti di Pergusa e Donington.
Lo nota anche Colin Chapman, il leggendario patron della Lotus, e lo chiama per un provino assieme ad altri giovani talenti; ci sono Eddie Cheever, Elio De Angelis, Nigel Mansell, Jan Lammers. Stephen è il più veloce e impressiona tutti, ma il posto andrà a De Angelis.

La Lotus gli offre un contratto come collaudatore, ma South vuole dare battaglia in pista e accetta un’altra chiamata.
Per il 1980, Stephen firma infatti per la Toleman, la squadra più competitiva della Formula cadetta.

E qui si apre la sliding door decisiva per la carriera e la vita di Stephen South.
Il campionato di Formula due deve ancora partire, quello della massima serie, invece, è iniziato a gennaio con le gare in Sudamerica, com’era allora tradizione. Il 1° marzo si corre in Sud Africa ed è lì che – un banale incidente di Alain Prost – mette in moto il meccanismo della sorte.
Prost, che diventerà uno dei più grandi campioni della storia, è allora un debuttante che, nelle prime due gare, ha ben figurato andando subito a punti. In Sud Africa, però, sbatte forte e si rompe il polso: dovrà saltare la successiva gara di Long Beach.

Alla Mclaren – in piena emergenza – si ricordano di quel ragazzotto che correva inFformula due per Ron Dennis, che già allora era nell’orbita del team, e chiamano South a sostituirlo.

Per Stephen pare la grande occasione e, nonostante la stagione in Formula due alle porte sia la più promettente della sua carriera, si fa tentare dalla sirena della massima formula.
La Mclaren non è più quella di quattro anni prima, quando vinceva il mondiale del 1976 con James Hunt, e ora fatica perfino per ottenere la qualificazione.
South, che è già in America perché intende correre anche nella Can-Am con la macchina schierata da Paul Newman, arriva a Long Beach con solo pochi chilometri di prova, effettuati in un test in Francia qualche settimana prima; cosa che aveva già indispettito i vertici della Toleman.

Il circuito di Long Beach è tra i più insidiosi; la Mclaren nervosa e difficile da mettere a punto, oltre che molto lenta, tanto che l’esperto John Watson si qualifica appena ventunesimo. Risultato: Stephen South non riesce nemmeno a qualificarsi.

Non solo, la Toleman lo scarica e prende Brian Henton al suo posto; a South rimane solo la Can-Am, una serie in declino, con mostri da mille cavalli che corrono sui pericolosi tracciati americani.
Dopo una serie di prestazioni tanto brillanti quanto sfortunate, si arriva al fine settimana del Gran Premio Molson, disputato sul Circuit Trois-Rivières. South è vittima di un grave incidente, sopravvive, ma la gamba sinistra è talmente malmessa che si rende necessaria un’amputazione sotto al ginocchio.
Per Stephen South è la fine del sogno motoristico.

Brian Henton, l’esperto pilota che lo ha sostituito alla Toleman, a fine anno vince il Campionato di Formula due; Prost, con la Mclaren, si mette talmente in luce da essere ingaggiato dalla Renault, allora fortissima.
La Mclaren, con Ron Dennis alla guida e John Barnard che si inventa il primo telaio in carbonio della storia, torna competitiva e di lì a poco dominerà la scena per anni.

Per South, invece, la porta si è ormai chiusa, con l’atroce dubbio: se fosse rimasto alla Toleman, o se avesse scelto di fare il collaudatore della Lotus, avrebbe potuto essere lui un mito al posto di Mansell?

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