Andrea La Rovere

Ci sono storie bellissime ma sconosciute, fino a quando qualcuno non le racconta

Gilles Villeneuve e il suo debutto con la McLaren

Gilles Villeneuve e il suo debutto con la McLaren

L’otto maggio del 1982 è una delle date più tragiche della storia della Formula 1: quel giorno moriva Gilles Villeneuve. La storia che vi raccontiamo è però distante da quella dell’idolo delle folle al volante della Ferrari. Oggi vi raccontiamo il suo debutto con la McLaren.

È sabato 16 luglio del 1977 quando a Silverstone si corre il Gran Prix di Formula Uno; è la decima gara della stagione e Niki Lauda è in testa al Mondiale. Dietro, a un solo punto, Mario Andretti e Jody Scheckter. In prova, la pole position è andata a James Hunt, sulla McLaren.Un’altra McLaren, però, attira l’attenzione degli addetti ai lavori, quella numero 40 qualificata in nona posizione. Si tratta di una M23, la monoposto dell’anno prima e il pilota è al suo esordio. Quel pilota è Gilles Villeneuve.

Ma come si è arrivati al debutto del canadese su quella vecchia McLaren?

Gilles Villeneuve, in un’epoca in cui i giovani piloti iniziavano a correre nei modi più disparati, si era messo in luce nelle gare di motoslitte. Strano, a sentirla raccontare così, ma in Canada quel tipo di gara è molto popolare; guidare quei mezzi assurdi su neve e ghiaccio, poi, contribuisce ad affinare la leggendaria sensibilità di guida del giovane.

Nel 1976 Gilles è la star della Formula Atlantic, una sorta di Formula 2 nordamericana. A giugno viene invitato a correre la sua prima gara in Europa, quella di Pau con una Formula 2. Il circuito di Pau è una sorta di Montecarlo della formula cadetta e si snoda per le strade della cittadina francese. Non è certo l’ideale per il debutto, anche considerando che la Formula 2 è più potente dell’Atlantic.

Il team che ingaggia Gilles è il Project4 di Ron Dennis, ex meccanico che già orbita in area McLaren. In prova Gilles Villeneuve si fa rispettare ed è decimo, in gara guida con la sicurezza di un veterano; è sempre più veloce, fino a quando è costretto al ritiro per noie al motore. Ma la grande occasione di mettersi in luce, quell’anno arriva all’inizio di settembre.

Va in scena la penultima gara della Formula Atlantic a Trois Rivieres.
Al tempo, i piloti di Formula 1 erano pagati molto meno di oggi ed erano alla continua ricerca di ingaggi per arrotondare lo stipendio. L’organizzazione di Trois Rivieres era molto ricca e poteva permettersi di attirare grandi nomi grazie a profumati ingaggi.

Quell’anno il colpaccio riesce con James Hunt, Alan Jones, Vittorio Brambilla, Patrick Depailler e la stella nascente di F2 Patrick Tambay. Manco a dirlo, Gilles Villeneuve li batte tutti, impressionando per la prima volta gli esponenti del circus. James Hunt, in particolare, è stupito dalla guida del giovane canadese.

Hunt è sulla cresta dell’onda: la settimana prima ha vinto la gara in Olanda e alla fine dell’anno diventerà campione del mondo; eppure, il biondo James non ci pensa due volte a tessere le lodi di Gilles con Teddy Mayer, boss della McLaren. Hunt apprezza soprattutto la grande velocità naturale di Gilles.

Mayer ascolta il suo pilota di punta e si interessa di Gilles; i contatti si avviano e nei week-end delle gare in USA e in Canada Villeneuve è ospite della McLaren e parla con Mayer.

L’impressione è positiva e la casa di Woking mette sotto contratto Gilles per il 1977; l’accordo prevede qualche gara come terzo pilota, ma dove e come non è chiaro. L’occasione si fa attendere e arriva solo a luglio, con la gara di casa a Silverstone. Villeneuve arriva una settimana prima per visitare la fabbrica, fare il sedile e provare l’auto.

A Gilles viene destinato – essendo debuttante – il vecchio modello, la M23 anziché la nuova M26 che guidano Hunt e Jochen Mass. Villeneuve inizia a girare, pare molto veloce ma i tempi sono un po’ alti. Il mistero si spiega alla prima pausa, quando i giornalisti appostati nelle curve più difficili vanno ai box per parlare con Mayer. Gilles Villeneuve si era girato praticamente in ognuna delle curve, alla ricerca del limite della vettura.

Il pilota aveva un controllo tale che compiva un testacoda completo e ripartiva; il tempo era alto ma non abbastanza da far capire che c’era stato un incidente in qualche curva.

“Sto solo scoprendo quanto velocemente posso andare in curva. Non puoi dire a che velocità stai andando a meno che non perdi il controllo della macchina” dichiara candidamente Villeneuve.

Quando – la settimana dopo – arriva il week-end di gara, Gilles Villeneuve scopre che deve affrontare un girone di prequalifiche; gli iscritti – ben 41 – sono troppi e occorre scremare. Al primo contatto di gara ufficiale, Gilles è subito primo e accede alla qualifiche.
In prova Villeneuve stupisce tutti; a lungo staziona tra i primi cinque, ma la sua macchina non è dotata di pneumatici da qualifica e alla fine è nono.

È comunque un risultato eccezionale, se si tiene conto che Jochen Mass, con l’auto nuova e le gomme da tempo è solo undicesimo. Pare quasi un segno del destino: il suo riferimento è Mass, proprio il pilota che Villeneuve cinque anni dopo urterà nel suo incidente fatale. Il giorno del debutto in gara inizia sotto i migliori auspici; nella sessione mattutina, il warm-up, Gilles Villeneuve è addirittura il più veloce. Quel canadese che dice di avere venticinque anni ma ne ha due di più, ha già conquistato tutti con la sua semplicità e il suo talento naturale.

Al semaforo verde Gilles scatta bene; la partenza, del resto, sarà sempre uno dei suoi cavalli di battaglia. Al primo giro è già settimo, e ci rimarrà per i primi nove giri; al decimo transita dodicesimo e pare avere problemi. A quello successivo, rientra ai box: la temperatura dell’acqua è salita alle stelle e Gilles non vuole fare danni.

Quando ha già spento il motore e si sta per sfilare dall’abitacolo, ritirandosi, il manager Leo Wybrott nota che l’indicatore è guasto; la McLaren viene rimessa in moto e Gilles rientra in pista. La gara è perduta: Villeneuve ha perso ben due giri e ogni recupero pare impossibile. Poco male, Gilles gira sempre più veloce e – anche se in pista raggiunge e supera solo Vern Schuppan – alla fine è undicesimo, grazie ai ritiri. Quello che impressiona tutti è però il suo ritmo; Gilles Villeneuve, con la macchina dell’anno prima e al debutto, gira veloce quanto i primi e segna il quinto miglior tempo in gara.

Senza il disguido dell’indicatore difettoso sarebbe finito con ogni probabilità almeno quarto. Villeneuve è l’uomo del momento e per il 1978 il posto di Mass sembra essere suo. E invece i mesi passano e Teddy Mayer non propone nessun contratto a Gilles, che è piuttosto nervoso. Torna a correre in America con le Can-Am e le Sportscar; sta correndo proprio con queste ultime, in agosto, quando rivede Mayer: per l’anno dopo gli ha preferito Patrick Tambay e Gilles può ritenersi sul mercato.

Per Villeneuve è una doccia gelata: Tambay è suo amico ed è un volto gradito per lo sponsor tabaccaio della McLaren. Tutti, però, sanno che a livello di talento e velocità il francese è inferiore. Ironia della sorte, Tambay ha debuttato a Silverstone lo stesso giorno di Gilles, senza impressionare troppo.

Il resto della vicenda è storia nota.
Quando Enzo Ferrari si trova a dover sostituire Lauda per le ultime gare, si ricorda di quel giovane canadese. Decisivo è il consiglio di Chris Amon, ormai ex pilota e team manager di Gilles Villeneuve in Can-Am; Chris consiglia di prenderlo a occhi chiusi.

Inizia così la leggenda di Gilles Villeneuve in Ferrari.
Una leggenda che si concluderà tragicamente, col canadese che a un certo punto si ritrova quasi prigioniero della figura del pilota di cuore spericolato; molti lo ritengono indistruttibile, per come esce senza un graffio da carambole sempre più spettacolari.

Quell’otto maggio del 1982, purtroppo, non sarà così.

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