Andrea La Rovere

Ci sono storie bellissime ma sconosciute, fino a quando qualcuno non le racconta

Dei Led Zeppelin, dei Simpson e dell’amore per il rock

Dei Led Zeppelin, dei Simpson e dell’amore per il rock

Spesso mi chiedono come mi sia venuta la passione per il rock degli anni ’70, e la storia è talmente curiosa e simbolica del concetto di serendipità, che mi diverto ogni volta a raccontarla. Eccola.

A quel tempo ero un ragazzetto né carne né pesce, come tanti altri; l’anno esatto non me lo ricordo, ma andavo ancora a scuola, questo è sicuro.
Bei tempi, al ritorno trovavo il pranzo pronto e mia mamma ben disposta ad ascoltare le mie – poco interessanti – avventure scolastiche.

Il pomeriggio era un mare calmo in attesa di essere solcato fino a sera.
Il rito post-prandiale prevedeva la puntata de I Simpson su Italia 1: a ben vedere alcune cose sono cambiate ben poco; altre totalmente, purtroppo.

In un episodio Bart scambiava gli spartiti sull’organo della chiesa, suonato da quella che senza esitazione dalle mie parti avremmo definito una vecchia vezzoca: al posto di qualche osanna e canto di giubilo, una robusta partitura hard rock, con un riff da brivido.

Amavo già la musica, istintivamente, ma ero ignorante come la proverbiale capra, e quella sequenza di note mi aveva stregato.

In breve, iniziai a cercare di capire a quale canzone appartenesse il roccioso riff, unico indizio la parola “Heaven” o “Eden” – non ricordavo bene – citata nel testo.

Erano tempi in cui internet era un passatempo per qualche nerd sempre curvo sul monitor: non era il mio caso.

Non mi ricordo nemmeno come, ma mi convinsi che la canzone fosse Stairway to Heaven dei Led Zeppelin, band che conoscevo a malapena; con lo scooter e qualche soldino messo da parte, corsi al più vicino negozio di dischi e acquistai la cassetta – ah, quanti ricordi! – di Led Zeppelin IV.

Quella senza titoli e scritte, col vecchio curvo sotto un pesante carico di fascine in copertina.
Che scoperta!

Suoni mai sentiti prima e l’inizio di una passione che dura tuttora; la stessa che mi ha portato a suonare la chitarra e, come a chiudere un cerchio, a scriverne per lavoro.

Storia bella e commovente, me lo dico da solo, ma della canzone ascoltata ne I Simpson, manco l’ombra.

Fui allora attratto da una raccolta dei Deep Purple.
Nella tracklist c’era un pezzo intitolato Hallelujah: boh, sempre roba di chiesa era, alla fine. Ancora oggi quello è uno dei pezzi che preferisco, di Gillan e soci.
Ma la canzone non era quella: fiasco un’altra volta.

Avevo trovato – per puro caso – una nuova passione e, continuando a cercare quel diabolico riff, mi appassionai ai Deep Purple, ai Black Sabbath e di lì al blues, al jazz e a Dio sa cos’altro.

Ma per anni la canzone cercata continuò a sfuggirmi; tuttavia, per chi ama le storie che finiscono bene, tanto tempo dopo, quando ormai – come sempre accade – manco volevo più saperlo, su una vecchia cassetta saltò fuori quel giro di chitarra a cui devo tanto.

Loro erano gli Iron Butterfly, una band di rock psych da un successo e via, e il pezzo si intitolava In a gadda da vida.
Ed “Heaven” dov’era, direte voi?

Provate a ripetere il titolo velocemente: suona come In the Garden of Eden, vero?

“𝑵𝒐𝒏 𝒕𝒓𝒐𝒗𝒆𝒓𝒂𝒊 𝒎𝒂𝒊 𝒍𝒂 𝒗𝒆𝒓𝒊𝒕𝒂̀ 𝒔𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒔𝒆𝒊 𝒅𝒊𝒔𝒑𝒐𝒔𝒕𝒐 𝒂𝒅 𝒂𝒄𝒄𝒆𝒕𝒕𝒂𝒓𝒆 𝒂𝒏𝒄𝒉𝒆 𝒄𝒊𝒐̀ 𝒄𝒉𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒕𝒊 𝒂𝒔𝒑𝒆𝒕𝒕𝒊.”
[𝑬𝒓𝒂𝒄𝒍𝒊𝒕𝒐]

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